Sant’Agata

Sant Agata

Preghiera a Sant’Agata

Sant Agata
Sant Agata

O gloriosa Vergine e Martire sant’Agata,

voi che sin dalla prima età consacraste a Dio la mente e il cuore,

voi che imitaste l’Agnello immacolato nella esimia purezza della vita,

nell’esercizio dell più eroiche virtù e nella lotta gloriosa del martirio;

deh! pregate per noi, otteneteci di rassomigliarvi.

Che la fede divina illumini la nostra mente e muova le nostre azioni!

Che siamo dappertutto cristiani, senza rispetto umano!

Che otteniamo per i voastri meriti, il trionfo sulle nostre ree passioni

e sugli assalti di satana!

Che raggiungiamo il fine per cui Dio ci creò e ci redense,

la beata corona del Paradiso.

Amen.

candela

43 Commenti su “Sant’Agata”

  1. Cara Sant’Agata tolgo i figli con Giuseppe garbaldi e con i fratelli e famiglia e con Antonio torrisi e famiglia ecc spero che avro altri figli con un ragazzo disposto ad avere la proposta di matrimonio con me e il matrimonio per aspettarmi ma evitiamo.

  2. Cara Sant’Agata ti prometto le rose bianche protteggimi e guidammi fino all mio cammino da vecchia avrei detto protteggimi il tre il qattro eil Cinque eil sei febbraio e il quattodici febbraio e fammi un miracolo del signore di fammi entrare in cattedrale per la maesa del Aurora e di essere salvata dal tremorio e di trovare la cura pisicologica e fisica e di trovare il mio futuro marito ecc . E di avere il pancino ma evitiamo.E di camminare con il cordone di fare la notata di questi giorni di festa con il sacco fino all sei febbraio e fino da vecchia ma evitiamo e di prendere la candela grande.

  3. Ti chiedo scusa ho amabile Regina di catania ecc famiglia e a tutti in generale no mi permetto più a cercati lo stesso a tutti i santi no realizzare le grazie

  4. Cara Sant Agata ti chiedo scusa per tutto anche al signore famiglie ecc prometto i nomi fammi avere dei piccolini e avisa qualcuno se sono in pericolo prometto il Sacco a vita . E venticati se no mi fanno invecchiare e se mi fanno del male con famiglia e appari se puoi mandammi un segnale per il matrimonio pure e per la proposta e per capire se e il ragazzo giusto

  5. Cara Sant’agata ti chiedo scusa per tutto per averti usata per stupide grazie ecc famiglia ecc per tutto mi scuso

  6. Cara San Agata proteggi tutti i membri della mia famiglia dalle malattie e infermità nell’anima.
    Sia lodato Gesù, Giuseppe e Maria!

  7. La salvezza dei giusti viene dal Signore.
    Confida nel Signore e fa’ il bene
    abiterai la terra e vi pascolerai con sicurezza.
    Cerca la gioia nel Signore:
    esaudirà i desideri del tuo cuore.
    Signore ascolta questa umile donna
    Affida al Signore la tua via,
    confida in lui ed egli agirà:
    farà brillare come luce la tua giustizia,
    il tuo diritto come il mezzogiorno.

    Sta’ lontano dal male e fa’ il bene
    e avrai sempre una casa.
    Perché il Signore ama il diritto
    e non abbandona i suoi fedeli.

    La salvezza dei giusti viene dal Signore:
    nel tempo dell’angoscia è loro fortezza.
    Il Signore li aiuta e li libera,
    li libera dai malvagi e li salva,
    perché in lui si sono rifugiati. Sant’Agata ti chiedo di proteggere i miei nipoti , la mia famiglia , da tutto per favore ti chiedo la tua Santa protezione verso di loro , proteggi anche me . Esaudisci questa grazia .

  8. Quinziano s’invaghi’ della giovinetta è le ordinò senza successo di ripudiare la sua fede e adorare gli dei pagani, ma Agata seguiva alla lettera quello che sta scritto nel vangelo:”Non vi farete idoli, non vi eleverete immagini scolpite, né statue e non collocherete nel vostro paese alcuna pietra ornata di figure, per prosttrarvi davanti ad essa, perché Io sono L’eterno, l’Iddio vostro…..” Il proconsole con l’intento di piegare la giovinetta a prostarsi davanti a quei insignificanti e fantasiosi pupazzetti che lei si rifiutò, fu inizialmente fustigata, poi sottoposta al violento strappo delle mammelle. La Santa era una donna tenace e coraggiosa e secondo la passivo riportano le parole che la martire disse al proconsole:“Empio, Crudele e disumano tiranno. Non ti vergogni a strappare ad una donna quello che tu stesso succhiasti dalla madre tua? “Appena un anno dalla morte di Agata Catania viene colpita da una grave eruzione dell ‘Etna, il popolo andò in cattedrale e, preso il velo della Santa e lo portò in processione nei pressi della colata. Questa secondo la tradizione, si arresto’ dopo breve tempo. La Santa viene raffigurata alcune parti mentre calpesta un serpente simbolo della peste perché in più occasioni Sant ‘Agata pose benigna la sua mano sulla città a protezione dalle epidemie. Come a tutti i Santi affido aSant’ Agata le anime benedette di mamma Angela e nonno Francesco. Amen

  9. Dai «Discorsi» di san Gregorio Nazianzeno, vescovo
    (Disc. 39 per il Battesimo del Signore, 14-16. 20; PG 36, 350-351. 354. 358-359)
    Il battesimo di Gesù
    Cristo nel Battesimo si fa luce, entriamo anche noi nel suo splendore; Cristo riceve il battesimo, inabissiamoci con lui per poter con lui salire alla gloria.
    Giovanni dà il battesimo, Gesù si accosta a lui, forse per santificare colui dal quale viene battezzato nell’acqua, ma anche di certo per seppellire totalmente nelle acque il vecchio uomo. Santifica il Giordano prima di santificare noi e lo santifica per noi. E poiché era spirito e carne santifica nello Spirito e nell’acqua.
    Il Battista non accetta la richiesta, ma Gesù insiste.
    Sono io che devo ricevere da te il battesimo (cfr. Mt 3, 14), così dice la lucerna al sole, la voce alla Parola, l’amico allo Sposo, colui che è il più grande tra i nati di donna a colui che è il primogenito di ogni creatura, colui che nel ventre della madre sussultò di gioia a colui che, ancora nascosto nel grembo materno, ricevette la sua adorazione, colui che precorreva e che avrebbe ancora precorso, a colui che era già apparso e sarebbe nuovamente apparso a suo tempo.
    «Io devo ricevere il battesimo da te» e, aggiungi pure, «in nome tuo». Sapeva infatti che avrebbe ricevuto il battesimo del martirio o che, come Pietro, sarebbe stato lavato non solo ai piedi.
    Gesù sale dalle acque e porta con sé in alto tutto intero il cosmo. Vede scindersi e aprirsi i cieli, quei cieli che Adamo aveva chiuso per sé e per tutta la sua discendenza, quei cieli preclusi e sbarrati come il paradiso lo era per la spada fiammeggiate»
    E lo Spirito testimonia la divinità del Cristo: si presenta simbolicamente sopra Colui che gli è del tutto uguale. Una voce proviene dalle profondità dei cieli, da quelle stesse profondità dalle quali proveniva Chi in quel momento riceveva la testimonianza.
    Lo Spirito appare visibilmente come colomba e, in questo modo, onora anche il corpo divinizzato e quindi Dio. Non va dimenticato che molto tempo prima era stata pure una colomba quella che aveva annunziato la fine del diluvio.
    Onoriamo dunque in questo giorno il battesimo di Cristo, e celebriamo come è giusto questa festa.
    Purificatevi totalmente e progredite in questa purezza. Dio di nessuna cosa tanto si rallegra, come della conversione e della salvezza dell’uomo. Per l’uomo, infatti, sono state pronunziate tutte le parole divine e per lui sono stati compiuti i misteri della rivelazione.
    Tutto è stato fatto perché voi diveniate come altrettanti soli cioè forza vitale per gli altri uomini. Siate luci perfette dinanzi a quella luce immensa. Sarete inondati del suo splendore soprannaturale. Giungerà a voi, limpidissima e diretta, la luce della Trinità, della quale finora non avete ricevuto che un solo raggio, proveniente dal Dio unico, attraverso Cristo Gesù nostro Signore, al quale vadano gloria e potenza nei secoli dei secoli. Amen.

  10. R. Cristo è il capo del corpo che è la Chiesa, il primogenito dai morti; * suo è il primato su tutte le cose.
    V. Egli è prima di tutto, e tutto sussiste in lui:
    R. suo è il primato su tutte le cose.

    SECONDA LETTURA

    Dal trattato «La confutazione di tutte le eresie» di sant’Ippolito, sacerdote
    (Cap. 10,33-34; PG 16,3452-3453)
    Il Verbo che s’è fatto carne ci rende simili a Dio
    Noi crediamo al Verbo di Dio. Non ci appoggiamo su parole senza senso, né ci lasciamo trasportare da improvvise e disordinate emozioni o sedurre dal fascino di discorsi ben congegnati, ma invece prestiamo fede alle parole della potenza di Dio.
    Queste cose Dio le ordinava al suo Verbo. Il Verbo le diceva in parole per distogliere con esse l’uomo dalla sua disobbedienza. Non lo dominava come fa un padrone con i suoi schiavi, ma lo invitava a una decisione libera e responsabile.
    Il Padre mandò sulla terra questa sua Parola nel tempo ultimo poiché non voleva più che parlasse per mezzo dei profeti, né che fosse annunziata, in forma oscura e solo intravvista attraverso vaghi riflessi, ma desiderava che apparisse visibilmente in persona. Così il mondo contemplandola avrebbe potuto avere la salvezza. Il mondo avendola sotto il suo sguardo non avrebbe più sentito il disagio e il timore come quando si trovava di fronte a un’immagine divina riflessa dai profeti, né avrebbe provato lo smarrimento come quando essa veniva resa presente e manifestata mediante le potenze angeliche. Ormai avrebbe constatato di trovarsi alla presenza medesima di Dio che parla.
    Noi sappiamo che il Verbo ha preso un corpo mortale dalla Vergine, e ha trasformato l’uomo vecchio nella novità di una creazione nuova. Noi sappiamo che egli si è fatto della nostra stessa sostanza. Se infatti non fosse della nostra stessa natura, inutilmente ci avrebbe dato come legge di essere imitatori suoi quale maestro. Se egli come uomo è di natura diversa perché comanda a me nato nella debolezza la somiglianza con lui? E come può essere costui buono e giusto?
    In verità, per non esser giudicato diverso da noi, egli ha tollerato la fatica, ha voluto la fame, non ha rifiutato la sete, ha accettato di dormire per riposare, non si è ribellato alla sofferenza, si è assoggettato alla morte, e si è svelato nella risurrezione. Ha offerto come primizia, in tutti questi modi, la sua stessa natura d’uomo, perché non ti perda d’animo nella sofferenza, ma riconoscendoti uomo, aspetti anche per te ciò che il Padre ha offerto a lui.
    Quando tu avrai conosciuto il Dio vero, avrai insieme all’anima un corpo immortale e incorruttibile; otterrai il regno dei cieli, perché nella vita di questo mondo hai riconosciuto il re e il Signore del cielo. Tu vivrai in intimità con Dio, sarai erede insieme con Cristo, non più schiavo dei desideri, delle passioni, nemmeno della sofferenza e dei mali fisici, perché sarai diventato dio. Infatti le sofferenze che hai dovuto sopportare per il fatto di essere uomo, Dio te le dava perché eri uomo. Però Dio ha promesso anche di concederti le sue stesse prerogative una volta che fossi stato divinizzato e reso immortale.
    Cristo, il Dio superiore a tutte le cose, colui che aveva stabilito di annullare il peccato degli uomini, rifece nuovo l’uomo vecchio e lo chiamò sua propria immagine fin dall’inizio. Ecco come ha mostrato l’amore che aveva verso di te. Se tu ti farai docile ai suoi santi comandi, e diventerai buono come lui, che è buono, sarai simile a lui e da lui riceverai gloria. Dio non lesina i suoi beni, lui che per la sua gloria ha fatto di te un dio.

    RESPONSORIO Gv 1,14; Bar 3,38
    R. Il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi: abbiamo contemplato la sua gloria, gloria dell’unico Figlio del Padre, * pieno di verità e di grazia.
    V. È apparso sulla terra e ha vissuto tra gli uomini,
    R. pieno di verità e di grazia.

  11. Stefano, servo di Dio, lapidato dai Giudei, vide i cieli aperti, e vi entrò: * beato l’uomo a cui il cielo si schiude.{ V. Lo travolgeva una tempesta di sassi, ma dal cielo splendeva per lui la gloria di Dio:
    R. beato l’uomo a cui il cielo si schiude. }

    SECONDA LETTURA

    Dai «Discorsi» di san Fulgenzio di Ruspe, vescovo
    (Disc. 3,1-3.5-6; CCL 91 A,905-909)
    Le armi della carità
    Ieri abbiamo celebrato la nascita nel tempo del nostro Re eterno, oggi celebriamo la passione trionfale del soldato.
    Ieri infatti il nostro Re, rivestito della nostra carne e uscendo dal seno della Vergine, si è degnato di visitare il mondo; oggi il soldato, uscendo dalla tenda del corpo, è entrato trionfante nel cielo.
    Il nostro Re, l’Altissimo, venne per noi umile, ma non poté venire a mani vuote; infatti portò un grande dono ai suoi soldati, con cui non solo li arricchì abbondantemente, ma nello stesso tempo li ha rinvigoriti perché combattessero con forza invitta. Portò il dono della carità, che conduce gli uomini alla comunione con Dio.
    Quel che ha portato, lo ha distribuito, senza subire menomazioni; arricchì invece mirabilmente la miseria dei suoi fedeli, ed egli rimase pieno di tesori inesauribili.
    La carità, dunque, che fece scendere Cristo dal cielo sulla terra, innalzò Stefano dalla terra al cielo. La carità che fu prima nel Re, rifulse poi nel soldato.
    Stefano quindi per meritare la corona che il suo nome significa, aveva per armi la carità e con essa vinceva dovunque. Per mezzo della carità non cedette ai Giudei che infierivano contro di lui; per la carità verso il prossimo pregò per quanti lo lapidavano. Con la carità confutava gli erranti perché si ravvedessero; con la carità pregava per i lapidatori perché non fossero puniti.
    Sostenuto dalla forza della carità vinse Saulo che infieriva crudelmente, e meritò di avere compagno in cielo colui che ebbe in terra persecutore.
    La stessa carità santa e instancabile desiderava di conquistare con la preghiera coloro che non poté convertire con le parole.
    Ed ecco che ora Paolo è felice con Stefano, con Stefano gode della gloria di Cristo, con Stefano esulta, con Stefano regna. Dove Stefano, ucciso dalle pietre di Paolo, lo ha preceduto, là Paolo lo ha seguito per le preghiere di Stefano.
    Quanto è verace quella vita, fratelli, dove Paolo non resta confuso per l’uccisione di Stefano, ma Stefano si rallegra della compagnia di Paolo, perché la carità esulta in tutt’e due. Sì, la carità di Stefano ha superato la crudeltà dei Giudei, la carità di Paolo ha coperto la moltitudine dei peccati, per la carità entrambi hanno meritato di possedere insieme il regno dei cieli.
    La carità dunque è la sorgente e l’origine di tutti i beni, ottima difesa, via che conduce al cielo. Colui che cammina nella carità non può errare, né aver timore. Essa guida, essa protegge, essa fa arrivare al termine.
    Perciò, fratelli, poiché Cristo ci ha dato la scala della carità, per mezzo della quale ogni cristiano può giungere al cielo, conservate vigorosamente integra la carità, dimostratevela a vicenda e crescete continuamente in essa.

    RESPONSORIO R. Ieri il Signore Gesù è nato in questo mondo, perché oggi Stefano nascesse alla vita del cielo; è venuto sulla terra, * perché Stefano entrasse con lui nella gloria.{ V. Il nostro Re, vestito di carne umana, è uscito dal grembo della Vergine, ed è venuto nel mondo,
    R. perché Stefano entrasse con lui nella gloria. }

  12. Dai «Discorsi» di san Pietro Crisòlogo, vescovo
    (Disc. 147; PL 52, 594-595)
    L’amore, desiderio di vedere Dio
    Dio, vedendo il mondo sconvolto dalla paura, interviene sollecitamente per richiamarlo con l’amore, invitarlo con la grazia, trattenerlo con la carità, stringerlo a sé con l’affetto.
    Lava con il diluvio vendicatore la terra invecchiata nel male, chiama Noè padre del mondo rinnovato e lo esorta con parole amorevoli, gli accorda la sua confidenza e la sua amicizia, lo informa con benevolenza sul presente, lo conforta con la sua grazia per il futuro. Egli non si limita a dar ordini, ma offre la sua collaborazione e accomuna la sua opera a quella delle realtà create. Con un patto di amore toglie il timore che rendeva schiavi gli uomini. Così Dio e l’umanità, associati nell’amore, conservano insieme ciò che avevano acquistato con azione comune.
    Per questo egli chiama Abramo di mezzo ai pagani, lo nobilita con un nome nuovo, lo costituisce padre della fede, lo accompagna nel cammino, lo protegge fra gli stranieri, lo arricchisce di beni, lo onora con successi, lo impegna con promesse, lo sottrae alle offese, lo blandisce con l’ospitalità, lo esalta con un erede insperato, perché colmato di tanti beni, avvinto da tanta soavità di divino amore, imparasse ad amare Dio, non ad averne timore, lo servisse con amore, non con paura. Per questo conforta in sogno Giacobbe nella fuga, lo provoca alla lotta nel ritorno, lo serra nell’amplesso del lottatore, perché ami il Padre con cui aveva lottato e non ne abbia timore. Per questo chiama Mosè con la lingua dei padri, gli parla con paterno amore, l’invita ad essere il liberatore del suo popolo.
    Per i fatti ricordati, la fiamma della divina carità accese i cuori umani e tutta l’ebbrezza dell’amore di Dio si effuse nei sensi dell’uomo. Feriti nell’anima, gli uomini cominciarono a volere vedere Dio con gli occhi del corpo. Ma se Dio non può essere contenuto dal mondo intero, come poteva venir percepito dall’angusto sguardo umano? Si deve rispondere che l’esigenza dell’amore non bada a quel che sarà, che cosa debba, che cosa gli sia possibile. L’amore non si arresta davanti all’impossibile, non si attenua di fronte alle difficoltà.
    L’amore, se non raggiunge quel che brama, uccide l’amante; e perciò va dove è attratto, non dove dovrebbe. L’amore genera il desiderio, aumenta d’ardore e l’ardore tende al vietato. E che più? L’amore non può trattenersi dal vedere ciò che ama; per questo tutti i santi stimarono ben poco ciò che avevano ottenuto, se non arrivavano a vedere Dio. Perciò l’amore che brama vedere Dio, benché non abbia discrezione, ha tuttavia ardore di pietà. Perciò Mosè arriva a dire: Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, fammi vedere il tuo volto (cfr. Es 33, 13). Per questo anche il salmista dice: Mostrami il tuo volto (cfr. Sal 79, 4). Gli stessi pagani infatti hanno plasmato gli idoli, per poter vedere con gli occhi, nelle loro stesse aberrazioni, quel che adoravano.

    RESPONSORIO Cfr. Is 66, 13; 1 Re 11, 36; Is 66, 14; 46, 13
    R. Come una madre consola il figlio, così io vi consolerò, dice il Signore; da Gerusalemme, città che mi è cara, verrà a voi l’aiuto. * Vedrete, e gioirà il vostro cuore.
    V. In Sion darò la salvezza, in Gerusalemme la mia gloria.
    R. Vedrete, e gioirà il vostro cuore.

  13. Dal trattato sui «Vantaggi della pazienza» di san Cipriano, vescovo e martire
    (Nn. 13. 15; CSEL 3, 406-408)
    Ciò che non vediamo, speriamo
    «Chi persevererà sino alla fine sarà salvo» (Mt 10, 22; 24, 13): questo è comando salutare del nostro Signore e Maestro. E ancora: «Se rimarrete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8, 31-32).
    Bisogna perciò avere pazienza e perseverare, fratelli carissimi, perché, ammessi alla speranza della verità e della libertà, possiamo davvero arrivare alla verità e alla libertà. Il fatto stesso di essere cristiani è questione di fede e di speranza; ma perché la speranza e la fede possano arrivare a portare frutto, è necessaria la pazienza.
    Noi non miriamo infatti alla gloria presente, ma alla futura, secondo quanto ammonisce l’apostolo Paolo, quando dice: «Nella speranza noi siamo stati salvati. Ora ciò che si spera, se visto, non è più speranza: infatti ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo? Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza» (Rm 8, 24-25). L’attesa e la pazienza sono necessarie perché portiamo a compimento quello che abbiamo cominciato a essere e raggiungiamo quello che speriamo e crediamo perché Dio ce lo rivela.
    In un altro passo lo stesso Apostolo, rivolgendosi ai giusti e a coloro che con le buone opere e mettendo a frutto i doni ricevuti si procurano tesori per il cielo, insegna loro a essere pazienti dicendo: «Pertanto, poiché ne abbiamo l’occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede. E non stanchiamoci di fare il bene, e a suo tempo mieteremo» (Gal 6, 9-10).
    Egli ammonisce tutti a non venir meno nell’operare per mancanza di pazienza; nessuno, distolto e vinto dalle tentazioni, desista nel bel mezzo del cammino della lode e della gloria, e rovini così le azioni precedentemente compiute, perché non porta a compimento quelle incominciate.
    Infine l’Apostolo, parlando della carità, le unisce anche la sopportazione e la pazienza. «La carità, dice, è paziente; è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, … non si adira non tiene conto del male ricevuto. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1 Cor 13, 4-5). Egli ci fa vedere così che essa può perseverare tenacemente per il fatto che sa sopportare tutto.
    E altrove: «Sopportandovi a vicenda con amore cercando di conservare l’unità dello Spirito con il vincolo della pace» (Ef 4, 2). Con ciò ha voluto dimostrare che non si può conservare né l’unità né la pace se i fratelli non si sostengono vicendevolmente con la mutua sopportazione e non serbano il vincolo della concordia con l’aiuto della pazienza.

    RESPONSORIO Ab 2, 3; Eb 10, 37
    R. Apparirà il Signore, non smentirà l’attesa, * attendilo, viene di certo, non può tardare.
    V. Ancora un poco, appena un poco: e verrà colui che deve venire.
    R. Attendilo, viene di certo, non può tardare.

  14. Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate
    (Disc. 5 sull’Avvento, 1-3; Opera omnia,
    Edit. cisterc. 4 [1966], 188-190)
    Il Verbo di Dio verrà in noi
    Conosciamo una triplice venuta del Signore. Una venuta occulta si colloca infatti tra le altre due che sono manifeste. Nella prima il Verbo fu visto sulla terra e si intrattenne con gli uomini, quando, come egli stesso afferma, lo videro e lo odiarono. Nell’ultima venuta «ogni uomo vedrà la salvezza di Dio» (Lc 3, 6) e vedranno colui che trafissero (cfr. Gv 19, 37). Occulta è invece la venuta intermedia, in cui solo gli eletti lo vedono entro se stessi, e le loro anime ne sono salvate.
    Nella prima venuta dunque egli venne nella debolezza della carne, in questa intermedia viene nella potenza dello Spirito, nell’ultima verrà nella maestà della gloria.
    Quindi questa venuta intermedia è, per così dire, una via che unisce la prima all’ultima: nella prima Cristo fu nostra redenzione, nell’ultima si manifesterà come nostra vita, in questa è nostro riposo e nostra consolazione.
    Ma perché ad alcuno non sembrino per caso cose inventate quelle che stiamo dicendo di questa venuta intermedia, ascoltate lui: Se uno mi ama, – dice – conserverà la mia parola: e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui (cfr. Gv 14, 23). Ma che cosa significa: Se uno mi ama, conserverà la mia parola? Ho letto infatti altrove: Chi teme Dio, opererà il bene (cfr. Sir 15, 1), ma di chi ama è detto qualcosa di più: che conserverà la parola di Dio. Dove si deve conservare? Senza dubbio nel cuore, come dice il Profeta: «Conservo nel cuore le tue parole per non offenderti con il peccato» (Sal 118, 11).
    Poiché sono beati coloro che custodiscono la parola di Dio, tu custodiscila in modo che scenda nel profondo della tua anima e si trasfonda nei tuoi affetti e nei tuoi costumi. Nutriti di questo bene e ne trarrà delizia e forza la tua anima. Non dimenticare di cibarti del tuo pane, perché il tuo cuore non diventi arido e la tua anima sia ben nutrita del cibo sostanzioso.
    Se conserverai così la parola di Dio, non c’è dubbio che tu pure sarai conservato da essa. Verrà a te il Figlio con il Padre, verrà il grande Profeta che rinnoverà Gerusalemme e farà nuove tutte le cose. Questa sua venuta intermedia farà in modo che «come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste» (1 Cor 15, 49). Come il vecchio Adamo si diffuse per tutto l’uomo occupandolo interamente, così ora lo occupi interamente Cristo, che tutto l’ha creato, tutto l’ha redento e tutto lo glorificherà.

    RESPONSORIO Cfr. Sal 28, 11; Is 40, 10
    R. Ecco, il Signore viene, vestito di splendore e di forza; visita il suo popolo con la pace, e dona una vita senza fine.
    V. Ecco, il nostro Dio viene con potenza,
    R. e dona una vita senza fine.

  15. Dalle «Catechesi» di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo
    (Cat. 15, 1. 3; PG 33, 870-874)
    Le due venute di Cristo
    Noi annunziamo che Cristo verrà. Infatti non è unica la sua venuta, ma ve n’è una seconda, la quale sarà molto più gloriosa della precedente. La prima, infatti, ebbe il sigillo della sofferenza, l’altra porterà una corona di divina regalità. Si può affermare che quasi sempre nel nostro Signore Gesù Cristo ogni evento è duplice. Duplice è la generazione, una da Dio Padre, prima del tempo, e l’altra, la nascita umana, da una vergine nella pienezza dei tempi.
    Due sono anche le sue discese nella storia. Una prima volta è venuto in modo oscuro e silenzioso, come la pioggia sul vello. Una seconda volta verrà nel futuro in splendore e chiarezza davanti agli occhi di tutti.
    Nella sua prima venuta fu avvolto in fasce e posto in una stalla, nella seconda si vestirà di luce come di un manto. Nella prima accettò la croce senza rifiutare il disonore, nell’altra avanzerà scortato dalle schiere degli angeli e sarà pieno di gloria.
    Perciò non limitiamoci a meditare solo la prima venuta, ma viviamo in attesa della seconda. E poiché nella prima abbiamo acclamato: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Mt 21, 9), la stessa lode proclameremo nella seconda. Così andando incontro al Signore insieme agli angeli e adorandolo canteremo: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Mt 21, 9).
    Il Salvatore verrà non per essere di nuovo giudicato, ma per farsi giudice di coloro che lo condannarono. Egli, che tacque quando subiva la condanna, ricorderà il loro operato a quei malvagi, che gli fecero subire il tormento della croce, e dirà a ciascuno di essi: «Tu hai agito così, io non ho aperto bocca» (cfr. Sal 38, 10).
    Allora in un disegno di amore misericordioso venne per istruire gli uomini con dolce fermezza, ma alla fine tutti, lo vogliano o no, dovranno sottomettersi per forza al suo dominio regale.
    Il profeta Malachia preannunzia le due venute del Signore: «E subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate» (Ml 3, 1). Ecco la prima venuta. E poi riguardo alla seconda egli dice: «Ecco l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, ecco viene … Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare» (Ml 3, 1-3).
    Anche Paolo parla di queste due venute scrivendo a Tito in questi termini: «È apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo» (Tt 2, 11-13). Vedi come ha parlato della prima venuta ringraziandone Dio? Della seconda invece fa capire che è quella che aspettiamo.
    Questa è dunque la fede che noi proclamiamo: credere in Cristo che è salito al cielo e siede alla destra del Padre. Egli verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti. E il suo regno non avrà fine.
    Verrà dunque, verrà il Signore nostro Gesù Cristo dai cieli; verrà nella gloria alla fine del mondo creato, nell’ultimo giorno. Vi sarà allora la fine di questo mondo, e la nascita di un mondo nuovo.

  16. Dall’opuscolo «La preghiera» di Origène, sacerdote
    (Cap. 25; PG 11, 495-499)
    Venga il tuo regno
    Il regno di Dio, secondo la parola del nostro Signore e Salvatore, non viene in modo da attirare l’attenzione e nessuno dirà: Eccolo qui o eccolo là; il regno di Dio è in mezzo a noi (cfr. Lc 16, 21), poiché assai vicina è la sua parola sulla nostra bocca e nel nostro cuore (cfr. Rm 10, 8). Perciò, senza dubbio, colui che prega che venga il regno di Dio, prega in realtà che si sviluppi, produca i suoi frutti e giunga al suo compimento quel regno di Dio che egli ha in sé. Dio regna nell’anima dei santi ed essi obbediscono alle leggi spirituali di Dio che in essi abita. Così l’anima del santo diventa proprio come una città ben governata. Nell’anima dei giusti è presente il Padre e col Padre anche Cristo, secondo quell’affermazione: «Verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23).
    Ma questo regno di Dio, che è in noi, col nostro instancabile procedere giungerà al suo compimento, quando si avvererà ciò che afferma l’Apostolo del Cristo. Quando cioè egli, dopo aver sottomesso tutti i suoi nemici, consegnerà il regno a Dio Padre, perché Dio sia tutto in tutti (cfr. 1 Cor 15, 24. 28). Perciò preghiamo senza stancarci. Facciamolo con una disposizione interiore sublimata e come divinizzata dalla presenza del Verbo. Diciamo al nostro Padre che è in cielo: «Sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno» (Mt 6, 9-10). Ricordiamo che il regno di Dio non può accordarsi con il regno del peccato, come non vi è rapporto tra la giustizia e l’iniquità né unione tra la luce e le tenebre né intesa tra Cristo e Beliar (cfr. 2 Cor 6, 14-15).
    Se vogliamo quindi che Dio regni in noi, in nessun modo «regni il peccato nel nostro corpo mortale» (Rm 6, 12). Mortifichiamo le nostre membra che appartengono alla terra (cfr. Col 3, 5). Facciamo frutti nello Spirito, perché Dio possa dimorare in noi come in un paradiso spirituale. Regni in noi solo Dio Padre col suo Cristo. Sia in noi Cristo assiso alla destra di quella potenza spirituale che pure noi desideriamo ricevere. Rimanga finché tutti i suoi nemici, che si trovano in noi, diventino «sgabello dei suoi piedi» (Sal 98, 5), e così sia allontanato da noi ogni loro dominio, potere ed influsso. Tutto ciò può avvenire in ognuno di noi. Allora, alla fine, «l’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte» (1 Cor 15, 26). Allora Cristo potrà dire anche dentro di noi: «Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?» (1 Cor 15, 55; cfr. Os 13, 14). Fin d’ora perciò il nostro «corpo corruttibile» si rivesta di santità e di incorruttibilità; e ciò che è mortale cacci via la morte, si ricopra dell’immortalità del Padre (cfr. 1 Cor 15, 54). Così regnando Dio in noi, possiamo già godere dei beni della rigenerazione e della risurrezione.

    RESPONSORIO Ap 11, 15; Sal 21, 28-29
    R. Il regno del mondo appartiene al Signore nostro e al suo Cristo: * egli regnerà nei secoli dei secoli.
    V. Si prostreranno davanti a lui tutte le famiglie dei popoli, poiché il regno è del Signore:
    R. egli regnerà nei secoli dei secoli.

  17. La salvezza dei giusti viene dal Signore.
    Confida nel Signore e fa’ il bene:
    abiterai la terra e vi pascolerai con sicurezza.
    Cerca la gioia nel Signore:
    esaudirà i desideri del tuo cuore.

    Affida al Signore la tua via,
    confida in lui ed egli agirà:
    farà brillare come luce la tua giustizia,
    il tuo diritto come il mezzogiorno.

    Sta’ lontano dal male e fa’ il bene
    e avrai sempre una casa.
    Perché il Signore ama il diritto
    e non abbandona i suoi fedeli.

    La salvezza dei giusti viene dal Signore:
    nel tempo dell’angoscia è loro fortezza.
    Il Signore li aiuta e li libera,
    li libera dai malvagi e li salva,
    perché in lui si sono rifugiati.

  18. Salvaci, Signore, per la gloria del tuo nome.

    Non imputare a noi le colpe dei nostri antenati:
    presto ci venga incontro la tua misericordia,
    perché siamo così poveri!

    Aiutaci, o Dio, nostra salvezza,
    per la gloria del tuo nome;
    liberaci e perdona i nostri peccati
    a motivo del tuo nome.

    Giunga fino a te il gemito dei prigionieri;
    con la grandezza del tuo braccio
    salva i condannati a morte.

    E noi, tuo popolo e gregge del tuo pascolo,
    ti renderemo grazie per sempre;
    di generazione in generazione narreremo la tua lode.

  19. Dal libro del profeta Isaìa

    Ascoltate la parola del Signore,
    capi di Sòdoma;
    prestate orecchio all’insegnamento del nostro Dio,
    popolo di Gomorra!
    «Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero?
    – dice il Signore.
    Sono sazio degli olocausti di montoni
    e del grasso di pingui vitelli.
    Il sangue di tori e di agnelli e di capri
    io non lo gradisco.
    Quando venite a presentarvi a me,
    chi richiede a voi questo:
    che veniate a calpestare i miei atri?
    Smettete di presentare offerte inutili;
    l’incenso per me è un abominio,
    i noviluni, i sabati e le assemblee sacre:
    non posso sopportare delitto e solennità.
    Io detesto i vostri noviluni e le vostre feste;
    per me sono un peso,
    sono stanco di sopportarli.
    Quando stendete le mani,
    io distolgo gli occhi da voi.
    Anche se moltiplicaste le preghiere,
    io non ascolterei:
    le vostre mani grondano sangue.
    Lavatevi, purificatevi,
    allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni.
    Cessate di fare il male,
    imparate a fare il bene,
    cercate la giustizia,
    soccorrete l’oppresso,
    rendete giustizia all’orfano,
    difendete la causa della vedova».

    Parola di Dio

  20. Dalla prima lettera di san Pietro, apostolo 1, 22-2, 10
    La vita dei figli di Dio
    Carissimi, dopo aver santificato le vostre anime con l’obbedienza alla verità, per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri, essendo stati rigenerati non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla parola di Dio viva ed eterna. Poiché
    tutti i mortali sono come l’erba
    e ogni loro splendore è come fiore d’erba.
    L’erba inaridisce, i fiori cadono,
    ma la parola del Signore rimane in eterno (Is 40, 6-8).
    E questa è la parola del vangelo che vi è stato annunziato.
    Deposta dunque ogni malizia e ogni frode e ipocrisia, le gelosie e ogni maldicenza, come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale, per crescere con esso verso la salvezza: se davvero avete già gustato come è buono il Signore (Sal 33, 9). Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura:
    Ecco io pongo in Sion
    una pietra angolare, scelta, preziosa
    e chi crede in essa non resterà confuso (Is 28, 16).
    Onore dunque a voi che credete; ma per gli increduli
    la pietra che i costruttori hanno scartato
    è divenuta la pietra angolare,
    sasso d’inciampo e pietra di scandalo (Sal 117, 22).
    Loro v’inciampano perché non credono alla parola; a questo sono stati destinati. Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose (Es 19, 6; Is 43, 20. 21) di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; voi, che un tempo eravate non-popolo, ora invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia (Os 1, 6. 9).

  21. Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo
    (Disc. Guelf. 3; PLS 2, 545-546)
    Gloriamoci anche noi nella Croce del Signore
    La passione del Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo è pegno sicuro di gloria e insieme ammaestramento di pazienza.
    Che cosa mai non devono aspettarsi dalla grazia di Dio i cuori dei fedeli! Infatti al Figlio unigenito di Dio, coeterno al Padre, sembrando troppo poco nascere uomo dagli uomini, volle spingersi fino al punto di morire quale uomo e proprio per mano di quegli uomini che aveva creato lui stesso.
    Gran cosa è ciò che ci viene promesso dal Signore per il futuro, ma è molto più grande quello che celebriamo ricordando quanto è già stato compiuto per noi. Dove erano e che cosa erano gli uomini, quando Cristo morì per i peccatori? Come si può dubitare che egli darà ai suoi fedeli la sua vita, quando per essi, egli non ha esitato a dare anche la sua morte? Perché gli uomini stentano a credere che un giorno vivranno con Dio, quando già si è verificato un fatto molto più incredibile, quello di un Dio morto per gli uomini?
    Chi è infatti Cristo? È colui del quale si dice: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio»? (Gv 1, 1). Ebbene questo Verbo di Dio «si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14). Egli non aveva nulla in se stesso per cui potesse morire per noi, se non avesse preso da noi una carne mortale. In tal modo egli immortale poté morire, volendo dare la vita per i mortali. Rese partecipi della sua vita quelli di cui aveva condiviso la morte. Noi infatti non avevamo di nostro nulla da cui aver la vita, come lui nulla aveva da cui ricevere la morte. Donde lo stupefacente scambio: fece sua la nostra morte e nostra la sua vita. Dunque non vergogna, ma fiducia sconfinata e vanto immenso nella morte del Cristo.
    Prese su di sé la morte che trovò in noi e così assicurò quella vita che da noi non può venire. Ciò che noi peccatori avevamo meritato per il peccato, lo scontò colui che era senza peccato. E allora non ci darà ora quanto meritiamo per giustizia, lui che è l’artefice della giustificazione? Come non darà il premio dei santi, lui fedeltà personificata, che senza colpa sopportò la pena dei cattivi?
    Confessiamo perciò, o fratelli, senza timore, anzi proclamiamo che Cristo fu crocifisso per noi. Diciamolo, non già con timore, ma con gioia, non con rossore, ma con fierezza.
    L’apostolo Paolo lo comprese bene e lo fece valere come titolo di gloria. Poteva celebrare le più grandi e affascinanti imprese del Cristo. Poteva gloriarsi richiamando le eccelse prerogative del Cristo, presentandolo quale creatore del mondo in quanto Dio con il Padre, e quale padrone del mondo in quanto uomo simile a noi. Tuttavia non disse altro che questo: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo» (Gal 6, 14).

  22. Dal «Commento ai salmi» di san Giovanni Fisher, vescovo e martire
    (Sal 129; Opera omnia, ed. 1579; p. 1610)
    *Se qualcuno ha peccato,
    abbiamo un avvocato presso il Padre*
    Gesù Cristo è il nostro pontefice, il suo prezioso corpo è il nostro sacrificio, che egli ha immolato sull’altare della croce per la salvezza di tutti gli uomini.
    Il sangue, versato per la nostra redenzione, non era sangue di vitelli e di capri, come nell’antica legge, ma dell’innocentissimo agnello Gesù Cristo nostro salvatore.
    Il tempio, nel quale il nostro pontefice celebrava il sacrificio, non era stato costruito da mano di uomo, ma soltanto dalla potenza di Dio. Infatti egli versò il suo sangue al cospetto del mondo, che davvero è il tempio costruito solo dalla sola mano di Dio.
    Ma questo tempio ha due parti: una è la terra, che noi ora abitiamo; l’altra parte è ancora sconosciuta a noi mortali.
    Ed egli immolò il sacrificio dapprima qui sulla terra, quando sopportò una morte acerbissima, e poi quando, rivestito con l’abito nuovo della immortalità, entrò con il proprio sangue nel santuario, cioè in cielo. Qui presentò davanti al trono del Padre celeste quel sangue d’immenso valore che aveva versato a profusione per tutti gli uomini schiavi del peccato.
    Questo sacrificio è così gradito e accetto a Dio, che egli non può fare a meno – non appena lo guarda – di avere pietà di noi e di donare la sua misericordia a tutti quelli che veramente si pentono.
    Inoltre è un sacrificio eterno. Esso viene offerto non soltanto ogni anno, come avveniva per i Giudei, ma ogni giorno per nostra consolazione, anzi, in ogni ora e momento, perché ne abbiamo un fortissimo aiuto. Perciò l’Apostolo soggiunge: «dopo averci ottenuto una redenzione eterna» (Eb 9, 12).
    Di questo santo ed eterno sacrificio divengono partecipi tutti coloro che sono veramente contriti e fanno penitenza dei peccati commessi, e che sono fermamente decisi a non riprendere più i loro vizi, ma a perseverare con costanza nella ricerca della virtù. È quanto insegna l’apostolo san Giovanni con queste parole: «Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto. Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo» (1 Gv 2, 1).

  23. Dal trattato «Contro Noèto» di sant’Ippòlito, sacerdote
    (Cap. 9-12; PG 10, 815-819)

    Rivelazione di Dio invisibile
    Uno solo è Dio, fratelli, colui che noi non conosciamo per altra via che quella delle Sacre Scritture.
    Noi dobbiamo quindi sapere tutto quanto le divine Scritture ci annunziano e conoscere quanto esse ci insegnano. Dobbiamo credere al Padre, come lui vuole che gli crediamo, glorificare il Figlio come vuole che lo glorifichiamo, ricevere lo Spirito Santo come desidera che lo riceviamo.
    Procuriamo di arrivare a una comprensione delle realtà divine non secondo la nostra intelligenza e non certo facendo violenza ai doni di Dio, ma nella maniera in cui egli stesso volle rivelarsi nelle Sacre Scritture.
    Dio esisteva in sé perfettamente solo. Nulla c’era che fosse in qualche modo partecipe della sua eternità. Allora egli stabilì di creare il mondo. Come lo pensò, come lo volle e come lo descrisse con la sua parola, così anche lo creò. Il mondo cominciò ad esistere, perciò, come lo aveva desiderato. E quale lo aveva progettato, tale lo realizzò. Dunque Dio esisteva nella sua unicità e nulla c’era che fosse coeterno con lui. Niente esisteva se non Dio. Egli era solo, ma completo in tutto. In lui si trovava intelligenza, sapienza, potenza e consiglio. Tutto era in lui ed egli era il tutto. Quando volle, e nella misura in cui volle, egli, nel tempo da lui prefissato, ci rivelò il suo Verbo per mezzo del quale aveva creato tutte le cose.
    Poiché dunque Dio possedeva in sé la sua Parola, ed essa era inaccessibile per il mondo creato, egli la rese accessibile. Pronunziando una prima parola, e generando luce da luce, presentò alla stessa creazione come Signore il suo stesso Pensiero, e rese visibile colui che egli solo conosceva e vedeva in se stesso e che prima era assolutamente invisibile per il mondo creato. Lo rivelò perché il mondo lo vedesse e così potesse essere salvato.
    Questi è la Sapienza che venendo nel mondo si rivelò Figlio di Dio. Tutto fu creato per mezzo di lui, ma egli è l’unico che viene dal Padre.
    Questi poi diede una legge e dei profeti e li fece parlare nello Spirito Santo perché, ricevendo l’ispirazione della potenza del Padre, annunziassero il volere e il disegno del Padre.
    Così dunque fu rivelato il Verbo di Dio, come dice il beato Giovanni che sommariamente riprende le cose già dette dai profeti mostrando che questi è il Verbo, nel quale tutto fu creato. Dice Giovanni: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui, senza di lui nulla è stato fatto» (Gv 1, 1. 3).
    Più avanti dice: Il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo ha conosciuto. Venne presso i suoi, ma i suoi non lo hanno accolto (cfr. Gv 1, 10-11).

  24. Il Signore è la mia luce e mia salvezza.
    Il Signore è mia luce e mia salvezza:
    di chi avrò timore?
    Il Signore è difesa della mia vita:
    di chi avrò paura?

    Una cosa ho chiesto al Signore,
    questa sola io cerco:
    abitare nella casa del Signore
    tutti i giorni della mia vita,
    per contemplare la bellezza del Signore
    e ammirare il suo santuario.

    Sono certo di contemplare la bontà del Signore
    nella terra dei viventi.
    Spera nel Signore, sii forte,
    si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.

  25. Dal «Commento sul Diatèssaron» di sant’Efrem, diacono

    (Cap. 18, 15-17; dalla versione armena del CSCO, t. 2, 188-190)

    Vegliate: egli di nuovo verrà

    «Nessuno conosce quell’ora, neanche gli angeli, neppure il Figlio» (Mt 24, 36). Disse questo per impedire che i discepoli lo interrogassero ancora sul tempo della sua venuta. «Non spetta a voi», disse, «conoscere i tempi e i momenti» (At 1, 7). Egli nascose la cosa perché fossimo vigilanti e ognuno di noi ritenesse che il fatto può accadere ai nostri stessi giorni. Se infatti fosse stato rivelato il tempo della sua venuta, il suo avvento sarebbe rimasto senza mordente, né la sua manifestazione avrebbe costituito oggetto di attesa delle nazioni e dei secoli. Disse perciò semplicemente che sarebbe venuto, ma non determinò il tempo, e così ecco che in tutte le generazioni e nei secoli si mantiene viva la speranza del suo arrivo.
    Benché infatti il Signore abbia indicato i segni della sua venuta, tuttavia non si comprende la loro ultima scadenza, poiché attraverso molteplici mutazioni essi vennero, passarono e sono tuttora in atto. La sua ultima venuta infatti è simile alla prima. Come lo attendevano i giusti e i profeti, perché pensavano che si sarebbe rivelato ai loro giorni, così oggi i fedeli desiderano accoglierlo, ognuno nel proprio tempo, appunto perché egli non indicò chiaramente il giorno della sua visita; ciò soprattutto perché nessuno pensasse che fosse sottomesso a costrizione e a tempi colui che ha il libero dominio di ritmi e dei tempi. Ciò che lui stesso ha stabilito, come poteva essergli nascosto, dal momento che egli stesso ha manifestato perfino i segni della sua venuta?
    Disse dunque: «Non lo so», anzitutto per impedire che lo interrogassero ancora, e poi perché risultassero efficaci i segni indicati. Mise in risalto quei segni perché fin dall’inizio tutti i popoli e tutti i tempi avessero motivo di pensare che la sua venuta si sarebbe potuta verificare ai loro giorni.
    Vegliate, perché, quando il corpo s’addormenta, ha in noi il sopravvento la natura, e la nostra azione non si svolge secondo la nostra volontà, ma si compie secondo un impulso inconscio. E quando il torpore, cioè la viltà e la trepidazione, domina l’anima, prende dominio su di lei il nemico e fa per suo mezzo ciò ch’essa non vuole. Sulla natura domina una forza bruta e sull’anima domina il nemico.
    Pertanto la vigilanza di cui parlò il Signore nostro è prescritta per ambedue: per il corpo, perché non si abbandoni a pesante sonno; per l’anima, perché non cada nel torpore della pusillanimità, secondo quel che dice la Scrittura: «Siate vigilanti, o giusti» (cfr. 1 Cor 15, 34), e: «Mi sono alzato e sono con te (cfr. Sal 138, 18), e ancora: «Non lasciatevi stancare, e perciò non desistiamo nel ministero che ci è stato affidato» (cfr. 2 Cor 4, 1).

  26. Dal Vangelo secondo Luca

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
    «Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.
    Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».

    Parola del Signore

  27. Dammi vita, Signore, e osserverò la tua parola.
    Mi ha invaso il furore contro i malvagi
    che abbandonano la tua legge.
    I lacci dei malvagi mi hanno avvolto:
    non ho dimenticato la tua legge.

    Riscattami dall’oppressione dell’uomo
    e osserverò i tuoi precetti.
    Si avvicinano quelli che seguono il male:
    sono lontani dalla tua legge.

    Lontana dai malvagi è la salvezza,
    perché essi non ricercano i tuoi decreti.
    Ho visto i traditori e ne ho provato ribrezzo,
    perché non osservano la tua promessa.

  28. Dal libro della Sapienza 1, 1-15
    Elogio della sapienza di Dio
    Amate la giustizia, voi che governate sulla terra,
    rettamente pensate del Signore,
    cercatelo con cuore semplice.
    Egli infatti si lascia trovare da quanti non lo tentano,
    si mostra a coloro che non ricusano di credere in lui.
    I ragionamenti tortuosi allontanano da Dio;
    l’onnipotenza, messa alla prova, caccia gli stolti.
    La sapienza non entra in un’anima che opera il male
    né abita in un corpo schiavo del peccato.
    Il santo spirito, che ammaestra,
    rifugge dalla finzione,
    se ne sta lontano dai discorsi insensati,
    è cacciato al sopraggiungere dell’ingiustizia.
    La sapienza è uno spirito amico degli uomini;
    ma non lascerà impunito chi insulta con le labbra,
    perché Dio è testimone dei suoi sentimenti,
    e osservatore verace del suo cuore
    e ascolta le parole della sua bocca.
    Difatti lo spirito del Signore riempie l’universo
    abbracciando ogni cosa, conosce ogni voce.
    Per questo non gli sfuggirà
    chi proferisce cose ingiuste,
    la giustizia vendicatrice non lo risparmierà.
    Si indagherà infatti sui propositi dell’empio,
    il suono delle sue parole giungerà fino al Signore
    a condanna delle sue iniquità;
    poiché un orecchio geloso ascolta ogni cosa,
    perfino il sussurro delle mormorazioni
    non gli resta segreto.
    Guardatevi pertanto da un vano mormorare,
    preservate la lingua dalla maldicenza,
    perché neppure una parola segreta sarà senza effetto,
    una bocca menzognera uccide l’anima.
    Non provocate la morte con gli errori della vostra vita,
    non attiratevi la rovina
    con le opere delle vostre mani,
    perché Dio non ha creato la morte
    e non gode per la rovina dei viventi.
    Egli infatti ha creato tutto per l’esistenza;
    le creature del mondo sono sane,
    in esse non c’è veleno di morte,
    né gli inferi regnano sulla terra,
    perché la giustizia è immortale.

  29. Dalla «Lettera a Proba» di sant’Agostino, vescovo
    (Lett. 130, 14, 27 – 15, 28; CSEL 44, 71-73)
    Lo Spirito intercede per noi
    Chiunque chiede al Signore un’unica cosa e quella sola cerca di ottenere (cfr. Sal 26, 4), chiede con certezza e sicurezza e non teme che gli possa nuocere quando l’ha ottenuta. Ma, senza di essa, nulla potrebbe giovargli tutto ciò che avrà ottenuto, pregando come si conviene. Questa cosa è l’unica e vera vita, la sola beata, perché in essa si godono le delizie del Signore per l’eternità, dopo di essere divenuti immortali e incorruttibili nel corpo e nell’anima. È la cosa alla quale va subordinata la domanda di ogni altro dono, l’unica che non si sbaglierà mai a chiedere. Chiunque avrà conseguito questa vita, avrà tutto ciò che vuole, né potrà desiderare colà di avere cosa che non conviene.
    In essa infatti si trova la sorgente della vita, di cui ora dobbiamo aver sete quando preghiamo, finché viviamo nella speranza e non vediamo ancora quello che speriamo di vedere quando saremo sotto la protezione delle sue ali. Per ora poniamo dinanzi a lui ogni nostro desiderio di inebriarci dell’abbondanza della sua casa e di dissetarci al torrente delle sue delizie; perché presso di lui è la sorgente della vita e nella sua luce vedremo la luce (cfr. Sal 35, 8-10). Quando poi il nostro desiderio sarà saziato di beni, non vi sarà più da chiedere con gemiti, ma solo da possedere con gioia.
    Tuttavia siccome questa pace trascende ogni umana intelligenza, anche quando la chiediamo nella preghiera, non sappiamo che cosa chiedere come si conviene. Ciò che non possiamo infatti immaginare come è in realtà, certo non possiamo dire di conoscerlo. Vi sono tante cose che noi rigettiamo, rifiutiamo, disprezziamo, quando la loro immagine si affaccia alla nostra mente. Sappiamo che non è ciò che cerchiamo, quantunque non sappiamo ancora come sia in realtà l’oggetto dei nostri desideri.
    Vi è dunque in noi, per così dire, una dotta ignoranza, ma istruita dallo Spirito di Dio, che aiuta la nostra debolezza. Avendo infatti detto l’Apostolo: «Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza», subito aggiunge: «Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, perché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio» (Rm 8, 25-27).
    Non dobbiamo intendere però questo nel senso che lo Spirito Santo di Dio, il quale nella Trinità è Dio immortale e un solo Dio con il Padre e il Figlio, interceda per i santi, come uno che non sia quello che è, cioè Dio. In realtà è detto: «Intercede per i santi», perché muove i santi alla preghiera. Allo stesso modo è scritto: «Il Signore vostro Dio vi mette alla prova per sapere se lo amate» (Dt 13, 4), cioè per far conoscere a voi stessi se lo amate.
    Lo Spirito di Dio dunque muove i santi a pregare con gemiti inesprimibili, ispirando loro il desiderio di una cosa tanto grande, ma ancora sconosciuta, che noi aspettiamo mediante la speranza. Altrimenti come si potrebbe descrivere nella preghiera un bene che si desidera senza conoscerlo? In realtà se fosse del tutto sconosciuto non sarebbe oggetto di desiderio, e se d’altra parte lo si vedesse, come realtà già posseduta, non sarebbe né desiderato, né ricercato con gemiti.

  30. Sant’Agata prega Gesù affinché ci protegga,ci dia salute serenità e provvidenza. Aiuta mio marito nel lavoro guidalo sempre. Aiuta i miei figli proteggili e illuminali. Aiuta la mia famiglia e quella di mio marito,mia suocera che superi questi momenti. Aiuta i bisognosi e gli emigrati e gli ammalati e i ns governatori illuminali affinché aiutino il ns paese.Amen

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